Bene ma non benissimo. Dal 2019 a inizio 2022 le cooperative sono diminuite del 7,4 per cento, segno meno anche per gli addetti – 3,1% in contrapposizione alla crescita degli addetti delle imprese con altra forma giuridica. La Regione però fa la sua parte. Ha supportato le cooperative con una pluralità di azioni e interventi “realizzati in collaborazione con le associazioni cooperative maggiormente rappresentative”. Tra il 2018 e il 2022, le imprese cooperative, escluso il settore agricolo, sono state beneficiarie di contributi per 15,4 milioni di euro a fondo perduto grazie alla legge 14/2014 sull’attrattività. Poi ancora: per l’accesso al credito sono stati attivati altri circa 64 milioni di euro di investimento. Ad ogni modo con un fatturato di 33,7 miliardi di euro, 4.548 imprese cooperative e oltre 235 mila addetti che rappresentano il 13,5% dell’occupazione emiliano-romagnola, quasi il 30% del fatturato del settore delle cooperative in Italia è made in Emilia-Romagna.
I dati dal 3° Rapporto biennale sulla Cooperazione 2020-2021.
Il maggior numero di società è quello della logistica, seguito dal sociale e dalle costruzioni. Il numero delle cooperative cresce solamente in due settori, quello della ristorazione e quello del sociale, due dei comparti che con dinamiche differenti sono stati fortemente coinvolti dall’evoluzione pandemica. Gli addetti nelle cooperative crescono nell’agroalimentare, nell’ICT, nel sociale, nei servizi alle imprese e alle persone. Oltre il 70 per cento degli occupati nel settore del sociale opera in società cooperative, percentuale che supera il 40 per cento nei servizi alle imprese, il 30 per cento nella logistica, il 20 per cento nell’alimentare, il 17 per cento nell’agricoltura, il 13 per cento nell’alloggio e ristorazione. Il settore del commercio vale il 40 per cento del fatturato cooperativo dell’Emilia-Romagna, una quota che ha assunto maggior rilevanza negli anni della pandemia quando il settore ha accresciuto il volume d’affari del 6,6 per cento, a fronte di una sostanziale invarianza di quello totale. In aumento anche l’agroalimentare che vale quasi un quarto del fatturato cooperativo; considerando che il commercio cooperativo è essenzialmente costituito dalla grande distribuzione di prodotti alimentari, ne discende che circa due terzi del volume d’affari della cooperazione emiliano-romagnola è connesso alla filiera agroalimentare.
Rimini è la provincia con la minor incidenza sul totale dell’occupazione provinciale (6%), Reggio Emilia quella con il valore maggiore (19%). Oltre il 16% anche Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna. Il numero delle cooperative è in diminuzione in tutte le province, le flessioni più consistenti, oltre il 10 per cento, interessano Modena e Piacenza. Il calo complessivo degli addetti risulta determinato dal calo sostenuto in tre province – Bologna, Piacenza e Rimini – in larga parte attribuibile alla dinamica di poche imprese di dimensioni maggiori. Nelle altre province il numero degli occupati risulta in aumento, in alcuni casi con incrementi superiori a quelli registrati dalle imprese con altra forma giuridica.
È la fotografia del settore cooperativo in Emilia-Romagna emersa dal 3° Rapporto biennale sulla Cooperazione 2020-2021, presentato durante la quinta conferenza regionale della cooperazione, incentrata sul Ruolo della cooperazione nello sviluppo di una società sempre più sostenibile e inclusiva che si è svolta a Bologna.
L’appuntamento si inserisce nella celebrazione del 2 luglio, Giornata internazionale della cooperazione, dedicata quest’anno al contributo che il sistema cooperativo mondiale può dare al raggiungimento, entro il 2030, dei diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu per contrastare la povertà, combattere il cambiamento climatico e garantire l’uguaglianza e l’inclusione di tutti. L’iniziativa, istituita nel 1994 dall’Onu in coincidenza dell’International Cooperative Day dell’Alleanza internazionale delle cooperative (International Co-operative Alliance), si celebra dal 1923.
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